Prefazione

 

piacere, sono… l’imbucato!

Avete presente quel tizio che, non si sa bene come, riesce a intrufolarsi alle feste e poi, magari soltanto perché ha un bel vestito, arriva persino a guadagnarsi i posti migliori a contatto con i protagonisti della serata? Ecco: diciamo che ci si sente un po’ così, davanti al privilegio di firmare la prefazione del primo di una serie di libri che Paolo Lunghi dedicherà al mondo dell’FM a quasi 50 anni dalla nascita delle prime radio libere. E, sia chiaro, ammetterlo non è piaggeria nei confronti dell’autore o falsa modestia: se è vero che da ormai un trentennio chi scrive queste righe ha trovato nel settore radiotelevisivo una valida alternativa al lavoro (il celebre modo di dire ‘sempre meglio che lavorare’ vale infatti anche per chi fa il giornalista con la voce), è evidente come il compito di introdurre alla lettura un libro di tale portata sia impresa assolutamente prestigiosa, ma al contempo proibitiva, al cospetto dei grandi nomi e delle vicende professionali che leggeremo nelle prossime pagine.
“The Radio Dreamers: Storie e personaggi straordinari della radio” è, infatti, un’opera decisamente originale, diversa da quelle che nel panorama editoriale celebrano la grande magia della Radio: potremmo definirlo un libro ‘corale’, una sorta di enciclopedia della radiofonia italiana scritta proprio da quanti negli ultimi decenni hanno contribuito a rendere grande l’intrattenimento radiofonico nel nostro paese.
Il risultato è una galleria vastissima e variegata di dj, speaker, conduttori, direttori artistici ed editori che hanno accettato di raccontare di proprio pugno il loro personalissimo rapporto con il microfono e con una professione che nell’immaginario collettivo evoca atmosfere spensierate e gioioso intrattenimento ma che spesso, nella realtà quotidiana di chi la svolge, richiede tanta preparazione e talvolta anche significativi sacrifici.
L’opera di Paolo Lunghi, però, ha un ulteriore merito che la rende assolutamente eccezionale: fissa per la prima volta sulla carta, affidandoli alla memoria collettiva, i nomi e le storie professionali di quanti hanno lasciato il segno contribuendo a scrivere l’epopea di un mezzo di comunicazione che è stato protagonista sin da metà degli anni ‘70 di una crescita tumultuosa, capace di influenzare il costume italiano e di incidere profondamente sulle abitudini di milioni di persone nonostante l’ostilità di un sistema normativo, editoriale e imprenditoriale all’epoca chiuso e poco incline ad assecondare la “rivoluzione” delle radio libere. Due cifre permettono di fotografare l’entità di questo fenomeno: verso la fine degli anni ‘80 tra emittenti strutturate e radio di quartiere, se non addirittura condominiali, in Italia operavano oltre 14mila realtà private che però si dimezzeranno bruscamente a poco più di 7mila di fronte agli adempimenti burocratici ed economici introdotti in occasione del primo censimento ministeriale. Ebbene: se consideriamo che, secondo alcune stime, in quel periodo erano almeno 100mila le persone coinvolte a vario titolo nel settore, ci rendiamo conto di quale patrimonio di ricordi, conoscenze e aneddoti rischi di andare perduto. Ecco, “The Radio Dreamers” è una sorta di omaggio a quanti hanno dato il proprio contributo in quell’avvincente percorso: e se in questo primo volume troviamo quanti, con il proprio talento e magari un pizzico di fortuna, hanno in qualche modo già consacrato il proprio successo, negli altri libri Paolo Lunghi raccoglie le testimonianze di migliaia di altri professionisti che in tutta Italia hanno scritto un pezzo di storia meritevole di essere tramandato.
Ogni testimonianza è assolutamente unica ma ci sono elementi che ricorrono puntualmente e credo valga la pena, qui, tentare di evidenziare. Intanto, la grandissima passione: se le statistiche dicono che ancora oggi la radio è la compagnia prediletta quotidianamente da decine di milioni di persone, è evidente che i primi ad amarla in modo viscerale siano proprio coloro che la ‘fanno’ e questo rapporto intenso emerge nitidamente in ogni racconto proposto. Non è banale e non è retorica: la radio ‘strega’ e si fa amare e tutti i conduttori intervenuti testimoniano il loro feeling per un mezzo ‘caldo’, che ancora oggi, nella società dell’immagine e della multimedialità, è in grado di evocare emozioni e suggestioni fortissime. In chi ascolta ma, ancora prima, in chi vi parla: e, forse, proprio questa ‘sintonia’ è uno dei segreti dell’innegabile longevità del mezzo nato dal genio di Guglielmo Marconi quasi 130 anni fa.
La seconda riflessione che emerge sfogliando le testimonianze dei protagonisti di questo volume sgombra il campo da un pregiudizio frequente: quello cioè che la radio sia, in fondo, poco più che un gioco. Ora, ribadito il motto reso celebre da Luca Goldoni e già evocato in apertura di prefazione, è anche vero che il successo in questo settore non è mai solo questione di fortuna. E qui troverete autentici fuoriclasse che hanno raggiunto l’apice della loro carriera coltivando il talento ricevuto in dono con impegno e metodo costanti: perché ‘fare la radio’ è, certo, un grande piacere – spesso anche divertente – che si alimenta con la passione ma anche e soprattutto una professione in cui si può improvvisare ma in cui non ci si può improvvisare.
E qui diventa doverosa la terza riflessione, direttamente correlata: molte storie di successo contenute nelle prossime pagine si riferiscono ad artisti che, come nel più virtuoso rapporto simbiotico, hanno visto crescere la loro popolarità di pari passo con quella dell’emittente che li aveva accolti e lanciati; ma tutti questi exploit sono stati possibili solo grazie al lavoro congiunto di tecnici, registi e autori che sono essenziali per il confezionamento di un buon programma radiofonico e per la sua diffusione in ogni dove. Se ancora oggi la radio, soprattutto quella di flusso, può essere fatta in solitaria addirittura senza la presenza di un fonico al di là del vetro, negli ultimi decenni le figure di supporto al classico ‘dj’ o condutto re si sono moltiplicate e via via sempre più specializzate, rivelando ancora una volta come, in questo contesto, l’apparente semplicità di un prodotto ben fatto possa richiedere l’impegno di tanti professionisti capaci di lavorare all’unisono nell’ombra.
Un cenno a parte lo meritano anche gli editori che spesso con il loro fiuto e il loro intuito hanno contribuito a scoprire e a lanciare molti speaker di successo: qualche ospite intervistato in questo libro li ringrazia pubblicamente, altri lo danno per scontato, taluni fanno finta di niente. Ma al di là delle fortune artistiche dei singoli protagonisti, è innegabile che il mercato radiofonico italiano oggi sia così vivace e variegato grazie proprio ad una generazione di imprenditori visionari che sin dalla metà degli anni ‘70 ha immediatamente creduto nelle potenzialità dell’etere investendo energie, idee e spesso anche soldi per garantire la sopravvivenza delle proprie piccole emittenti e per favorirne negli anni il consolidamento e lo sviluppo, nonostante le incertezze economiche e il lacunoso contesto normativo che per anni hanno caratterizzato il settore. Per questo motivo appare encomiabile l’idea dell’editore e dell’autore di mettere ‘The Radio Dreamers’ a disposizione delle Università e delle scuole italiane: se l’epopea delle radio ‘libere’ è già di per sé avvincente e meritevole di essere raccontata ovunque, in Italia il fenomeno assume ulteriori elementi di interesse perché spesso fu proprio il coraggio, l’intuito e talvolta – diciamolo – anche la spregiudicatezza degli editori dell’epoca a spronare la magistratura, prima, e la politica, poi, a prendere atto della necessità di norme e regole sempre più specifiche per regolamentare e garantire un settore in rapidissima evoluzione.
In chiusura c’è spazio anche per un ultimo, legittimo dubbio che, probabilmente, molti di voi condivideranno dopo aver letto le storie dei protagonisti di questo volume di ‘The Radio Dreamers’: in futuro ci saranno altre generazioni di fuoriclasse del microfono? Difficile dirlo anche perché, da qualche anno a questa parte, complici i primi passaggi gene razionali tra gli editori e l’affermarsi di poli radiofonici sempre più ispirati a mere logiche commerciali e di marketing, sta cambiando il modo stesso di fare radio e il format predominante del flusso musicale poco concede alle sperimentazioni e alle deroghe all’omologazione: se, quindi, nascerà un talento, non è detto che troverà il modo di esprimersi. Certo, anche questa è una delle sfide che attende l’intero comparto e che riguarda l’altra, grande domanda che da anni attanaglia gli addetti ai lavori: la radio avrà un futuro? Chi scrive è ottimista: sì, se smetterà di fare concorrenza a Spotify e tornerà a ‘fare la radio’, proponendo quindi musica ma anche intrattenimento, contenuti informativi, l’interazione con il pubblico e un pizzico di originale fantasia.
E così, probabilmente, una radio più ‘viva’ potrà festeggiare la nascita di altri talenti come quelli straordinari che ne hanno fatto la storia in questi primi 50 anni e che ora, finalmente, incontreremo nelle prossime pagine.
Buona lettura.

Claudio Micalizio